Pagine di storia

Cerca

Vai ai contenuti

Un mese di fuoco,febbraio 1498

Miscellànea

L’11 febbraio Savonarola decise di rompere il silenzio imposto dalla scomunica e salì sul pulpito in Duomo.

A nulla valse l’opposizione del vescovo di Firenze Lionardo de’ Medici, che proibiva, pena il non ricevere più confessione e comunione, né sepoltura in luogo consacrato, di assistere alla predica di uno scomunicato.

Intervenne la Signoria facendo presente al vescovo che se non si fosse dimesso dall’ufficio, sarebbe stato dichiarato ribelle…

L’ultimo giorno di febbraio, dopo una messa solenne dove il frate comunicò molte persone, ci fu il secondo bruciamento delle vanità nella piazza dei Signori; accaddero disordini creati dai “compagnacci” con pietre, bastoni e ingiurie, ma poi alla grande piramide della vanità, alta oltre venti metri, (più grande della precedente…) fu dato fuoco con grida di esultanza.

Si erano accese ancora di più le passioni, incattiviti gli animi.

I “bruciamenti” del Savonarola non rappresentavano una novità; falò di libri, quadri e altri oggetti, sono stati utilizzati nell’antichità e in tempi recenti.

La forza distruttiva del fuoco è sempre stata gettata sugli oppositori, specie sui libri che ne rappresentavano il pensiero.

Una tradizione che si è sviluppatasi nel tempo, anche se le gesta dei precursori ((Bernardino da Siena, Bologna 1423, e Giovanni da Capistrano, Vienna 1452 e Norimberga 1454 tra gli altri) sono spesso ignorate o dimenticate.

Per Savonarola hanno invece contribuito in maniera pesante a condizionare negativamente i giudizi su di lui; non per questo viene meno il rammarico per le opere d’arte perdute.

Scrisse Giorgio Vasari:
“… si condusse a quel luogo tante pitture e sculture ignude molte di mano di Maestri eccellenti, e parimente libri, liuti e canzonieri che fu danno grandissimo, ma particolare della pittura, dove Baccio portò tutto lo studio de’ disegni che egli aveva fatto degli ignudi, e lo imitò anche Lorenzo di Credi e molti altri, che avevon nome di piagnoni”.

(Fra i seguaci del frate anche il Cronaca e i Della Robbia, mentre Botticelli non bruciò le sue opere sul rogo.

Sul finire della sua esistenza le sue tele risentono del pensiero del frate, a cui però aderì pienamente solo dopo la sua morte.)


Domenico Ghirlandaio, Prova del fuoco, 1485
Cappella Sassetti, Basilica S.Trinita, Firenze


Torna ai contenuti | Torna al menu