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Lavorazione della pietra

Storia di Lastra > LASTRA A GANGALANDI

Il testo che segue è la trascrizione di una conversazione avuta con Tullio Naldi, che ringraziamo per la disponibilità avuta nel raccontare vicende e procedure legate all’antica arte degli scalpellini.
Lastra a Signa (Novembre 2006)

Vicende

Abbiamo incontrato Tullio Naldi alla metà del Novembre 2006 alla cava “Rio Macinaia” alla Gonfolina, impegnato nella lavorazione di una grande tavola in pietra.

Particolare non trascurabile, perché è nato, come ha avuto modo di dirci ..
il 12 Luglio 1926 a Lastra a Signa.
Terminato la quinta elementare ho iniziato a lavorare in cava col babbo.

Nella mia famiglia, che ricordi, tutti hanno lavorato la pietra; mio nonno, il bisnonno, e credo anche prima.
Negli anni ‘930 e ‘940 si lavorava 8 ore l’Inverno e 12 l’Estate, e all’incirca si è continuato così fino alla fine degli anni cinquanta, quando è iniziato un periodo di decadenza e le cave della Gonfolina sono state progressivamente chiuse
.

Rimase aperta solo quella di Rio Macinaia, dove dal 1970 lavoro da solo.

Alla Gonfolina nel periodo di massima lavorazione che ricordi, oltre la mia erano attive le cave di Frosini, Brunelli, Tozzi, Poggi, Pucci Giovanni e Pucci Armido, Geri, per un totale di una cinquantina di persone occupate.

Sino alla seconda guerra mondiale, anche al Fantone, Fontepatri e Lecceto si è lavorato.
Ho sentito parlare di cave anche a S.Romolo, ma non ho idea dove fossero né quando sono state attive.
Questa lavorazione ha registrato purtroppo due incidenti mortali; quello di Pietro Poggi nel 1938 e di “Rigoletto” Dainelli nel 1963.


Da ricordare poi il tentativo di far saltare il Masso della Gonfolina nel 1944 dai tedeschi in ritirata, (riuscirono solo a “togliere il cappello” a quei due grossi ” blocchi” appoggiati uno sull’altro, che formano la roccia) e l’incendio del bosco della Canigiana nel 1950, quando una mina “fece cannone” e la miccia accesa finì nel paleo.
Buona parte delle cave della Gonfolina in questi anni erano proprietà del Conte de Micheli e facevano parte degli annessi di Villa Bellosguardo, da lui acquistata nel 1935.

La qualità di pietra arenaria della Gonfolina, era e rimane fra le migliori di tutta la Toscana.
Particolarmente nella cava detta “Della Gigia”, nel Bosco dei Poveri sopra Brucianesi, a mio parere si trova la pietra più bella di tutta la Gonfolina.


Lavorazione

Individuato il “filare” di pietra con le caratteristiche necessarie per il tipo di lavorazione previsto, si badava a staccarlo dalla parete praticando col “ferro da mina” un foro nella pietra.

Man mano che si penetrava nella pietra, si adoperava una “cucchiaia” per pulire dai detriti della lavorazione, oltre a servirsi dell’acqua riempiendo la traccia….

Ci si arrestava una ventina di centimetri dalla fine del blocco per fare “tappo” all’esplosione e evitare che la carica “sfiatasse” per insufficiente pressione.


In quel caso, sviluppando una potenza minore, non si sarebbe raggiunto lo scopo.

Si faceva poi il” calcatoio”, pressando la polvere nera, che acquistavamo dal Paoletti a Signa, o dal Francalanci a Lastra.
In cima per questa operazione era obbligatorio usare un pezzo d’ottone per evitare scintille…
.

All’estremità una miccia, grossa come una corda, che bruciando lentamente lasciava tutto il tempo per mettersi al riparo.

La “mina”in ogni modo si faceva una volta, oggi non è più consentito; il distacco si fa con ferri, mazzolo e punciotti, e la lavorazione resta quella del settecento.

Il blocco una volta staccato, si sposta con la Binda, una leva a “vite senza fine”, per collocarlo in uno spazio adatto per la lavorazione.

Si “spacca” poi secondo necessità praticando dei buchi con ferro e mazzolo, e inserendoci i punciotti, che agiscono da divaricatori.

Si lavora la pietra usando scalpelli di varie misure, compassi, ecc. e servendosi di riferimenti come sagome di cartone per ottenere il “pezzo” voluto.


I primi lavori che ho realizzato sono stati gli scalini per le case degli operai Piaggio nel 1939, poi soglie per porte, tombini per le strade, ecc.

Dopo la guerra ho partecipato alla ricostruzione di Villa Bellosguardo, durata quattro anni.

Ho fatto lavori anche nelle Marche, in Molise, Emilia, Puglia, Lombardia ecc.

Nella zona lastrigiana, voglio ricordare il balcone della Misericordia di Lastra, le colonne nel giardino all’italiana di Villa Bellosguardo, e la” piramide” del monumento ai caduti a Ginestra.

Tullio Naldi
Scalpellino lastrigiano

Cave della Gonfolina
Rio Macinaia

Compassi e scalpelli

Pali da mina

Punciotti e biette di ferro


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